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volatile

se potessi dire qualcosa al giobi di quest’estate gli direi: merlo

Non il volatile, piuttosto il livello mentale.

0.14 – un orario che potrebbe essere chiamato: notte. Freddo, si,
piuttosto. Luci, qualcuna. ma soprattutto la stessa impressione della
sera del lupo, di appartenenza a un grande universo e di capire anche il
significato dietro di esso, dopo un’estate che oserei definire quasi
morta da questo punto di vista, in queste sere una voce che non dice
parole ma chiama e mi regala paesaggi che mi spiegano tutto.

Merlo.

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l’uomo e il lupo

tornavo a casa e un husky mi ha seguito. è comparso improvvisamente alla mia sinistra, sbucando da una via buia, e il rumore di zampe mi ha impaurito. è venuto verso di me diritto, poi quando mi ha visto un po’ meglio ha girato e se ne è andato nella direzione in cui anche io stavo andando. avevo ancora paura, ho preso in mano le chiavi, unico oggetto che avrei potuto lanciargli nel caso fosse diventato pericoloso, ma non lo è diventato. anzi mi stava intorno come se fossi il suo padrone, e si fermava ad ogni cancello. annusava, poi riprendeva e mi trotterellava intorno.

appena è rimasto dietro, subito mi è corso verso i piedi e mi ha anche toccato. non so se con il muso o con le zampe, mi ha toccato insomma, è passato oltre ed è andato fino a un cancello poco lontano, c’era un altro cane.
non so come fanno i cani, ma se c’è un simile nel raggio di qualche decina di mentri, lo sentono e lo cercano, per lo meno i cani con cui io ho avuto a che fare.

tra l’altro sapevo com’era quello che stava dietro quel cancello: un cane nero, grosso, faceva un po’ paura, era un cane da guardia, di quelli che abbaiano un po’ a casaccio a chiunque si avvicini.
il mio husky si è avvicinato alla sua ringhiera e ha mugolato un po’, carino faceva anche quasi pena. e il cane nero, niente, non ha abbaiato, si è mosso verso di lui, penso si siano annusati, io sono andato avanti e per un po’ sono stato da solo: lo ho lasciato indietro, si, e avevo meno paura. non si sa mai cosa gira in testa a una bestia. anzi, non ci ho mai riflettuto, pensavo che se mi avesse ringhiato avrei dovuto combattere. un cane è più forte di un uomo? non lo so, non lo so nel mio caso. sarei scappato, pensavo. un cane non sa scavalcare un cancello. si, sarei scappato. ma tanto lui era rimasto dall’altro suo amico, e non avevo più paura, non mi sentivo solo, stavo bene insomma.
ma a breve sento i suoi passi, anzi la sua galoppata, sembava scappasse, e invece correva. realizzo solo ora che correva da me, in quanto si è fermato poi un paio di mentri davanti ai miei passi.

un paio di macchine ci hanno incrociato. guardavano il cane, guardavano me. cane e padrone, ovvio. non avevo più paura, mi ero affezionato e ne ero quasi orgoglioso. pensavo a quelle storie di bambini che dicono “mi ha seguito fino a casa, posso tenerlo?”
ci pensavo, non che volevo farlo, e nemmeno avevo la presunzione che mi avrebbe seguito fino a casa, però mi veniva in mente. rimane indietro, come ormai era consuetudine. arrivo in mezzo alla strada, e come succede a volte mi fermo lì in mezzo: guardo su, guardo giù. nessuno, pochi suoni, quello che in genere la gente chiama silenzio. ecco, invece sono suoni di molti generi a un volume piuttosto basso.
virginia woolf mi avrebbe passato il termine moment of being, guardavo il cielo e pensavo che cacchio ci sto a fare, che cacchio ci stiamo a fare, a scrivere poesie e programmi, brochure e copioni: siamo su un sasso girevole.

poi mi ha raggiunto, mi ha annusato le gambe, e ha tirato dritto.

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addormentare

che bello quando la persona amata si addomenta tra le tue braccia..
prima si stringe a cercare protezione e poi chiude gli occhi come a sottolineare che non gliene frega niente se non di te, e diventate i reciproci centri del mondo.
e piano piano ti accorgi che si è persa nel sonno, e quindi non osi respirare rumorosamente, se ti viene da tossire hai paura di svegliarla, tossisci piano.
e poi la guardi e pensia quanto sei felice, vorresti condividere la tua gioia con lei ma sta dormendo, la vorresti svegliare per spiegarle quanto è bello ma non puoi, perché se la svegli ti dispiace.
il peso della sua testa sul tuo petto, i suoi capelli tra le tue dita..
che bello quando la persona amata si addormenta tra le tue braccia.

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biblio

negli ultimi giorni sotto le mani mi passano volumi su volumi..
non posso resistere alla tentazione e a volte li leggo.. quante cose che ci sono scritte, quante cose la gente pensa, che potere le parole, che potere scrivere. non esisterebbe altro modo, ogni forma di comunicazione ha il suo: la parola ha il suo, la musica il suo.
la musica, si, affascinante, ma la parola, quanto è potente? che forme può dare alle cose, ai pensieri? forme inesistenti, spesso, forme che nei pensieri non potrebbero altrimenti esiste, ma comunque cose nuove:
diceva, mi pare, Wilde, che cercando le parole si trovano i pensieri. ed è dannatamente (scusere l’espressione baricchesca) vero: la parola non butta solo fuori, ma elabora quello che c’è già dentro una testa, infetta il pensiero di un sapore che non esisterebbe altrimenti, che lo fa evolvere a qualcosa di più grande.