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Cenotes/-1

No, non ero un fan dei musei, non ero un fan delle mostre.

Si, la avrei seguita in capo al mondo, se mi avesse detto vieni con me. E un giorno me lo ha detto, ma sarebbe stato qualche ora dopo.

Fino a quel momento eravamo fuori da quel palazzo, grande e bello. Ci aveva sorpreso in mezzo alla strada. forse c’era anche prima, semplicemente non lo avevamo visto, semplicemente. Camminavamo per mano.

Camminavamo per
mano.

Ed ogni volta che la guardavo sorrideva. Come è bello quando tutto è così.
Non deve essere sempre tutto così per essere bello, affatto. Ma finché è così è sicuramente bello.

Ci siamo entrati in quel palazzo, anche a a me attirava, subdolo meccanismo. Non ci sarei entrato da solo, lei voleva e subito dopo lo ho voluto io, e non me ne sarei pentito.

Così come non mi sono mai pentito delle cose che ho fatto con te, semai mi sono pentito di quelle che ho fatto senza te.

Le immagini ci ruotavano intorno, erano sospese nel vuoto, con frasi scritte, con spazi divisi ma comunicanti. Ero in un sogno, lo avevo già imparato, notti prima, che con te nella mia mano io non ero più qui, ero in un sogno. Era inutile pensare di avere un peso, degli occhi, dei pensieri: eravamo un sogno, e in quel nonspazio nella nonluce prendevo contatto con la tua mano e la perdevo, imparavo a cercarti, tra immagini di guerra, miseria, industrie, riflessi di un mondo in cui eravamo dèi lontani, non mi ero mai sentito così lontano, e quindi non avevo mai capito così fortemente quelle immagini.

Non avevo paura di perderti, quanto era bello non avere paura, non avere peso, non avere colpe.

Non avere colpe.

Perderti, anche di pochi metri, e avere lo stesso la tranquillità che eri lì, nel nostro sogno. La bellezza di essere parte di una stessa realtà, il rallegrarsi di un’idiozia così semplice, in mezzo a immagini galleggianti. Mi hai spalancato, vedendo te guardavo quelle immagini, e non mi sarebbero mai entrate così.