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Perché (non) dobbiamo usare i social con il Covid

Una disanima di come usare i social con il Covid, ma anche no.

Questo è un post ad alto tasso di ovvietà, dovrò scrivere un metapost sull’ovvio.

Ho pubblicato uno status su Facebook, questo qui, forse per l’avanzare dell’età, forse per l’esasperazione del momento storico, forse perché era domenica e non sapevo cosa fare.

Sta di fatto che ho ricevuto critiche da diversi lati, ma il vero problema è che erano critiche giuste. Ed ho pensato che i social, in particolare Facebook, non è per niente adatto a gestire la complessità del Mondo di oggi, in particolare in eventi storici come il Covid. Ho detto una cosa vera? Sì.

Ho detto la verità? È impossibile dire la verità, perché è una realtà complessa che va oltre il linguaggio.

Diluizione e distillazione

Facebook come altri mezzi costringono ad addensare, saturare la propria opinione in una frase singola, e ad esprimere il proprio consenso in un pollice alzato o in una faccina.

Prima dell’avvento dei social c’erano opinioni probabilmente più dozzinali e reazioni che andavano oltre una faccina. Non è un post nostalgico: i social servono moltissimo e andrò avanti a usarli, ma dovrò riprendere il mio fioretto di usarli solo per gioco.

Le opinioni vanno veicolate da mezzi più lenti, più grossi, con possibilità di replica più trasversale. Ecco perché sto scrivendo su un blog ed ecco perché il mio blog non ha la possibilità di commentare. Questo è uno spazio salvo, recintato, in cui posso dilungarmi e finire il mio discorso senza essere assalito o senza che le parole vengano rapidamente scrollate da un pollicione che va verso l’alto.

Non mi sono preso impegni, ma mi piacerebbe tornare a scrivere quasi solo qui con frequenza molto irregolare. Scrivere ovvietà, che per me sono ovvietà ma per altri non lo sono.

Le cose che ho pubblicato in questi periodi nervosi mi hanno portato a scontrarmi in modo non proficuo con persone che so benissimo di stimare e con cui so di condividere valori; il conflitto scaturito era dovuto solo al mezzo di scambio, alla polarizzazione e alla sintesi di cui sopra.

Riga finale: rallenta e senti il profumo delle rose

Quindi. Come usare i social con il Covid? Disinstallate Facebook, usate Google news o Flipboard o altro per informarvi. Aprite Facebook da browser ogni tanto per farvi due risate e vedere gli eventi (che presto torneranno). Il demonio è azione, non oggetto.

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Lo standard app immuni e le cose che non avete capito

Troppo lungo; non ho letto

Questo articolo parla dello standard dell’app Immuni. L’app in questione non registrerà la vostra posizione GPS e non condividerà nessun dato con nessun server centrale. Condividerà dei dati anonimi solo nel momento in cui siete positivi al Covid e solo con un’esplicita azione. L’articolo è in modifica da quando lo ho scritto, qui potete trovare le integrazioni.

Premessa

Se pensate che lo Stato possa fare cose a caso senza rispettare leggi, questo articolo è una perdita di tempo. In questo caso vi consiglio di procurarvi un’arma e di autotutelarvi dagli abusi statali, perché da domani (o da oggi) potremmo svegliarci in un regime totalitario. Altrimenti, forse lo Stato non può proprio fare tutto quello che vuole e forse è nel suo interesse avere una popolazione sana e lavorante.

Analisi dello standard

Su facebook la malfidenza è alle stelle, e subito in seconda posizione viene lo sfottò alla malfidenza (date la posizione a facebook/runtastic/tinder ma non la date ad un’app che selve a salvare la vita).

Da informatico voglio contribuire alla cosa dando qualche dato tecnico in più. L’app non esiste ancora, parliamo dello standard utilizzato dall’app Immuni, ma quando esisterà probabilmente sarà nell’interesse di chi la rilascia renderla il più anonima possibile – altrimenti nessuno la installerà.

Sono qui per spiegarvi come funziona il tracing anonimo, che sarà con una probabilità altissima il modo con cui sarà progettata l’app in questione. No, non ve lo prometto, sì, è una mia speculazione su un altro progetto che cerca di stabilire un protocollo per il tracing anonimo.

Come funziona

Alice e Bob sono a cena insieme (benvenuta fase 2!), e hanno entrambi l’app Immuni. I cellulari si scambiano ogni pochi minuti dei numeri casuali (token) molto lunghi e univoci – vedeteli come dei numeri di serie delle banconote, con associata una data e un’ora.

Ogni cellulare memorizza tutti i numeri che riceve e che trasmette. I dati sono solo sul cellulare e viaggiano in bluetooth, quindi:

  • non sono e non passano su nessun server
  • il trasmittente non sa chi li riceve – potrebbero anche essere più dispositivi
  • il GPS non gioca nessun ruolo

Quindi mentre alice va in giro per il Mondo (benvenuta fase 3!) il suo cellulare manda in giro token e ne riceve anche di più: va a fare la spesa e prende un sacco di token, va a fare un giro in centro e ne prende ancora di più, sta a casa e se li scambia con tutti i famigliari e magari anche i vicini.

I token sono anonimi quindi anche se qualsiasi hacker, governo, matusa (cit), rubasse il cellulare ad Alice vedrebbe due noiosissime liste di numeri senza senso.

Passano una decina di giorni dalla tenera cena e Bob si ammala, è positivo al covid19. Bob è una persona coscienziosa, prende la sua app e schiaccia il pulsante rosso “sono positivo” ottiene un codice per poter schiacciare (se lo desidera) il pulsante rosso sulla sua app, ed a mio avviso non avrebbe motivo per non farlo in quanto l’app è anonima.

Ecco cosa succede

  • l’app di Bob invia al server per la prima volta delle informazioni: cioè tutti i token che Bob ha inviato nei 15 giorni precedenti
  • il server condivide con tutti la red list dei token di Bob
  • tutti i cellulari scaricano periodicamente le red list dei positivi
  • il cellulare di Alice la avverte che negli ultimi 15 giorni lei è stata in prossimità di un positivo, e le dice anche per quanto tempo
  • il cellulare di Alice non le dice chi è positivo, le dice solo che è a rischio
  • Alice si fa fare un test ma qui entriamo nell’ambito sanitario, non oggetto di questa digressione

Integrazioni

  • 27/4: è uscito ieri un articolo ottimo di agenda digitale che dà un’analisi molto migliore della mia
  • Questa non è un’app, è uno standard per creare delle app. Si chiama DP-3T e la ho già linkata più sopra – quindi non ha senso dire che funziona o no; l’app non esiste ancora e comunque è come discutere se una casa uscirà bene o male parlando degli standard di costruzione. Non ci sono abbastanza elementi.
  • Non è un sistema bullet-proof. Qualcuno potrebbe rubare il cellulare ad Alice e cliccare il pulsante rosso. Si potrebbe mettere un pin, o un’impronta digitale, o mandare una mail che chieda la conferma di aver cliccato il pulsante rosso ma rimane comunque un sistema exploitabile come tutti i sistemi di autenticazione – dall’home banking ai 600 euro INPS.
  • Ci sono casi limite in cui uno scarica l’app, la usa un’ora in cui va dal salumiere ed è da solo, poi la disinstalla e dopo una settimana la reinstalla, gli arriva la notifica della red list e chiaramente è stato il salumiere. Sì, in quel caso specifico non sarebbe anonima, sempre di essere sicuri che dal salumiere ci fosse solo lui e non anche il garzone.
  • Il governo ha optato per decentralizzare i dati, quindi per seguire la linea dello standard trattato in questo articolo. Per me è un’ottima notizia. Cito testualmente dal ministero
    Il sistema di contact tracing dovrà essere finalizzato tenendo in considerazione l’evoluzione dei sistemi di contact tracing internazionali, oggi ancora non completamente definiti (PEPP-PT, DP-3T, ROBERT), e in particolare l’evoluzione del modello annunciato da Apple e Google.

In conclusione

Nelle intenzioni, cioè nello standard utilizzato dall’app Immuni, non si condivide un cacchio con nessuno. È anche open source quindi si può verificare che effettivamente sia così. Non ci sono motivi reali per preoccuparsi al momento.

Se avete installato google maps sul vostro primo smartphone, plausibilmente vi stanno tracciando da dieci anni e ve lo hanno pure già chiesto.

A voi l’infografica che ho rubato dal repository github (grazie Erik), l’autore è un meraviglioso ncase.

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Un blog nel 2019

Ha senso fare un blog oggi?

Il riscaldamento globale, l’obesità incombente, il populismo, il prurito alla coscia sinistra.

Ma soprattutto i social. Quando ho iniziato, il blog era l’unico canale pubblico di condivisione di me stesso, oggi come tutti sono rimasto invischiato in facebook. Dieci anni fa gli amici e qualche sfortunato avventore venivano apposta su questo sito, vedevano qualche foto e soprattutto leggevano un articolo dall’inizio alla fine: oggi l’intervallo di attenzione è nell’ordine di secondi, quando leggo un articolo leggo l’inizio dei paragrafi per saltare i preamboli e capire se Carola Rackete è stata incriminata, se Trump ha effettivamente detto quello che c’è nel titolo, se i ginecologi sono effettivamente arrapati dalle loro pazienti.

Sì, comunque in realtà ha senso. Riporta una dimensione che io ho perso. Dedicare 5 minuti a leggere, non dare la possibilità di commentare, esprimere il proprio pensiero in termini relativi.

Per questo potrei iniziare a scrivere cose, riflessioni meno romantiche della fase romantica e meno giocose della fase giocosa e meno poetiche etcetc.

Prima per me, e poi per chi, magari mi leggerà.

A più tardi!

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Il professionista

Dopo qualche annetto a lavorare non mi permetto di dire che sono un professionista, ma credo di avere trovato un gruppo di regole che possono restringere il campo e alzare una barriera per separare i comportamenti professionali da quelli che non lo sono.

Per avere un impatto migliore a livello di ufficio stampa, cercherò di tenere il numero di regole a 10.

  1. Il professionista conosce le sue capacità
    Sa cosa può fare e sa quanto ci mette a farlo, sa che materiali e strumenti servono e sa dove può arrivare con ciò che ha – vedi punto 7.
  2. Il professionista promette degli obiettivi
    Conoscendo cosa sa fare, il professionista pone degli obiettivi chiari e i requisiti per raggiungerli. Spesso li scrive nero su bianco.
  3. Il professionista mantiene obiettivi in tempi stabiliti
    Gli obiettivi hanno scadenze precise, da rispettare e da verificare
  4. Il professionista valorizza gli obiettivi
    Sa quanto costa in termini monetari o etici un lavoro, capisce che la manodopera ha un valore preciso, che le ore di lavoro sono quantificabili e che talvolta un’idea vale più delle ore di lavoro che sono state necessarie per arrivarci.
  5. Il professionista capisce cosa vuole esattamente il cliente e sa spiegarlo in modo comprensibile
    A volte il cliente ha un disagio, un problema non identificato con precisione. Il professionista identifica con precisione la soluzione al problema. Sa anche riconoscere ragionamenti viziati da visioni parziali della situazione o da incompetenze  sul campo; dopodiché sa spiegarle con chiarezza al cliente quali sono gli estremi del problema e della soluzione: questa capacità da sola vale più della soluzione al problema stesso – vedi punto 7.
  6. Il professionista parla in positivo quando è possibile
    La mente gestisce male le negazioni e la negatività. Se si tratta di spiegare una soluzione o di gestire un conflitto con un cliente, il professionista va verso la soluzione del conflitto nel più breve tempo possibile e con il minor numero di parole e concetti implicati, proponendo accordi ed evitando di menzionare il passato, specie se conflittuale.
    Il professionista parla in positivo dei colleghi, salvo per negligenze gravi.
  7. Il professionista sa a chi rivolgersi
    Nessuno sa fare tutto, il professionista sa a chi rivolgersi per fare ciò che lui non è in grado di fare da solo a livello di tempo e capacità. Si crea un network di persone e servizi che possono aiutarlo a gestire il lavoro pianificato o in emergenza.
  8. Il professionista esegue il suo lavoro a testa bassa
    Il professionista parla solo quando ha raggiunto un obiettivo almeno parziale del progetto completo. A fronte di inconvenienti, cerca comunque un punto fermo in cui un capitolo relativo al progetto sia stato completato, in modo da dare una posizione pulita e usabile per ragionare sul prossimo passo.
  9. Il professionista sa gestire una crisi
    Nessuno è perfetto (vedi 7) – le crisi capitano. Non è possibile promettere di risolvere qualsiasi crisi, ma l’orientamento del professionista deve essere operativo e non di panico o aggressività. Una crisi è un nuovo problema che chiede una nuova soluzione.
  10. Quando il professionista sbaglia, paga
    Nessuno è perfetto (parte 2 ahimè) – nonostante le proprie capacità non ci sono certezze totali di soluzione. In quel momento l’errore va riconosciuto, piccolo o grande che sia, e va ripagato lavorativamente, economicamente o eticamente a seconda di cosa richieda la situazione.
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Il gatto sulla finestra

Lo vedi quel gatto che ringhia? È incazzato nero perché c’è un cane che vorrebbe passare da dove è lui e la cosa lo infastidisce.

La porta è sua, il cane è grosso e fastidioso e soprattutto lo rispetta. Però vorrebbe ugualmente passare, quindi c’è uno stallo. Gatto ringhia, cane guarda lateralmente e chiede scusa (ma non si sposta).

Vanno avanti così anche un quarto d’ora, anche mezz’ora.

Ecco, prendi il gatto e tiralo su. Guarda come si incazza, molto di più di prima, cerca di morderti (i morsi dei gatti sono altamente infettivi), ma tu lo tieni in mano e sorridi. Poi lo appoggi vicino alla sua finestra, sul suo cuscino tranquillo, e il gatto di colpo non è più incazzato. Si lecca, guarda fuori, e si addormenta tutto il giorno.

Quante volte sei stato gatto? Chi è stato a prenderti di peso facendoti incazzare e poi mettendoti sulla tua finestra senza più cani a cui ringhiare?

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Tutto qui

Sono uomo, ma voglio che ogni donna abbia la possibilità di abortire se lo ritiene: il corpo è suo.

Sono ateo, ma voglio che ciascuno abbia la possibilità di celebrare i riti che desidera.

Non sono sposato, ma voglio che ciascuno abbia la possibilità di sposare ed essere sposato con chi vuole.

Perché tutte queste scelte non influiscono sulla mia vita: finché una libertà sta intorno alla persona che la esercita, deve essere esercitabile.

Darò sempre contro solo a chi è contro questo principio.

È davvero solo tutto qui.

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Shangai 2

photo 1

mm.. che mal di testa. ho sete.

oddio…
dove sono? cos’ho fatto? perché sono nuda?

…ancora?

questo qui mi sta dormendo addosso e non si sveglierà mai..
ma chi è? chi cazzo sei?? perché sono qui?
mal di testa. forte.

che ore sono? dove sono?

sono a shanghai. merda.
a casa di uno sconosciuto. in un punto sconosciuto. di shanghai.
merda.

sono un’idiota.

vale. puedo hacerlo.
devo solo scrollarmi di dosso questo tizio americano che lavora per la disney.
per la disney… ma si può?¿
si, disney.. sei enorme però.

ok. mutande, calze, pantaloni, reggiseno, maglietta, golfino.. avevo un golfino? si, qua. ok.
borsa: soldi, cellulare, documento. ok.
scarpe.. facciamo che le tengo in mano…

ma perché gli ho fatto comprare un’altra bottiglia di vodka?
perché l’ho seguito qui? perché abbiamo guardato sette minuti di Sherlock Holmes?
…tequila. maledetta tequila.

allora. ci siamo. ciao disney, dormi bene.
scusami se scappo così, ma è più facile.
non saprei proprio cosa dirti.
e in che lingua dirtelo.
in che lingua parlavamo poi stanotte? …abbiamo almeno parlato???

vabbeh sono le cinque di mattina. andiamo.
destra sinistra ..? destra.. ok le scale, ah.. è chiusa? cazzo..
c’è un cancello.. ma da dove esco?? ah il parcheggio.. e.. oh dio..
il portiere. chissà che risata si fa. sorridi.

ecco. una strada. un taxi. ce la posso fare.
il bigliettino. dov’è il bigliettino? qui.
l’indirizzo cinese. speriamo sappia arrivarci.

non si può fumare. c’è scritto sul sedile davanti a me.
e io stupida persa donna italiana fumo.
e per qualche strano motivo shanghai mi sembra bellissima.
mi sembra casa.

tornare all’alba.
lasciando una casa che non è la tua.
verso una casa che è tua solo per qualche giorno.

attraversando queste splendide città mentre si svegliano.
i rumori e i movimenti aumentano, ma lentamente.
cammino con i tacchi in mano.
con i vestiti della sera prima.
sul ponte de triana a sevilla,
sotto la minerva di pavia,
per le strade di shanghai.

e sorrido alla gente.
ai cinesi che alle 530 di mattina vanno a fare tai chi,
nei parchi dei complessi residenziali.
scioccamente felice.

ora devo solo farmi aprire.
non posso citofonare e svegliare il padre della mia amica che ci ospita.
devo chiamare. dalla cina in cina. posso farcela?
..voci meccaniche parlano in cinese.
grandioso. cazzo.

colpa di tre compagni di viaggio idioti,
che chissà perché, in qualche modo, stimo molto.
colpa del mio sentirmi un po’ insicura con ognuno di loro.
sapere di dover stare all’altezza.
che da ubriachi diventa dover stare al gioco…

esce qualcuno.
sorridi, fai passare, entra.
ok. ascensore. porta…

porta cinese ovviamente. che si apre con un codice ovviamente.
mah..
comunque è facile: 1111.

no, non funziona. merda.
forse ho sbagliato a digitare. 1111.

cazzo. cazzo. non funziona!
ma è quello! 1111. 1111!!!

riprova. oddio, aiuto suona tutto.
no, dai. merda. spegniti.

finito. grazie al cielo.
rimango qui fuori, fa niente, aspetterò, sono le sei ormai…

la porta si apre…

“Buongiorno Stefano. scusami, davvero. scusami tanto.”

“Ciao, ma tu sei tornata ora sola…? Tornate tutti insieme la prossima volta, per favore.”
“Si. Hai ragione, scusami.”

E scusami anche se sorrido mentre lo dico,
ma so già che non ci riusciremo.

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Shangai

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bip bip bip

spegnetela

bip bip bip

ok si, sono io. vai. ce la puoi fare. che sonno.

che testa peso. che peso testa. ora ce la faccio. che occhio peso. che peso stomaco. sono mezza svestita, ok.

bip. sveglia. no,

non sveglia. cellulare, sveglia. no. sms. si. forse. no,

cellulare si scarico. non lo ho messo in camera. in carica. sono in camera non lo ho messo in carica il cellulare non era in caric- uff che peso. gira guarda ecco le 7. presto, le sette

dormo le sett- no peso. che fatica. che profumo strano. ora mi gi- no. capelli? davanti alla bocca capelli che sonn- uno. un uomo un maschio.
spè.
un uomo maschio sonno mattina non sono le 7 c’è troppo casino che sonno però. ecco ok un uomo in camera mi- no non è camera mia. nemmeno il maschio è mio. non ho maschi mi sa, dove cavolo mi sono addormentata? ero con gli altri e poi la discoteca, già è vero siamo anche a shangai tra l’altro, non sono a casa. e lui chi è? è grosso cavolo. cavolo cavolo cavolo.

cavolo cavolo cavolo.
cavolo cavolo cavolo.

cavolo cavolo cavolo.

se si sveglia cosa gli d.. ma è cinese? no non è cinese è troppo grosso. ma è grosso tanto a me non piacciono grossi. allora non mi piaceva o ero ubriaca. questo spiega la pesantezza. spiegherebbe la antezza.

e il fatto che sono svestita. e il fatto che sono le sette. non sono le sette ok
sono le 11.

come mai erano le sette? ok forse non vedevo. sospiro. chissà se stanotte.. mah. con questo qui? non lo vedo nemmeno bene in faccia. ha delle belle spalle però. ma è grasso. effettivamente grasso, sono grosse le spalle, non belle ma mi piacciono viste da qui. forse le ho viste dall’alto in discoteca, o fuori ma gli altri non mi hanno detto niente? cavolo mi sa che è brutto questo qui a vederlo in piedi, ma nel senso nemmeno affascinante nemmeno nel senso che è simp- ma non si sveglia? eppure un po’ mi sto muovendo. bella luce alla finestra bella temperatura si. era più ubriaco di me mi sa. che sonno. non proprio sonno ma insomma voglia di qualcosa di buono. ehe funziona sempre mi fa sorridere la signora del ferrero rocher.

le undici forse però è il caso di muovermi dai – mancano gonna calze scarpe borsa maglia basta credo evitiamo le calze come diceva quel libro di baricco è come ricaricare dopo un duello

va bene dai allora mi alzo non lo sveglio o forse lo sveglio vediamo uno due tre sposto un braccio cristo se pesi ups ho detto cristo no lo ho pensato bè se esiste legge nel pensiero e ha altri superpoteri

crisbio se pesi. vai vai gira gira esco con una gamba fortuna che fa una bella temperatura ups mi esce la mutanda spè spè spè spè ononnonn ok sono fuori devo solo spostare il bracc- dove cavolo abito poi

no, qui a shangai. che peso. casa mia ok sotto cresseglio però shangai non è sotto cresseglio mo’ non so nemmeno il cinese ah già

ah già

grazie, si, ho un biglietto scritto in cinese nella borsa con l’indirizzo. fiuu grazie taxi grazie umani grazie lori grazie braccio ti sposti ecco mi infilo nella gonna ups cado pfffffffff

pff
snr

non ridere forte ce la devi fare non sei ubriaca. guardalo dorme come un angioletto. dai non è brutto, è pienotto. sembra tipo .. quello lì. dai cosa ha fatto quel film in cui era un angelo. ma si dai, anche l’altro in cui sparava a qualcuno. lui si dai. un po’ meno bello ma lui.

ecco, borsa, tac, bigliettini… eccoli si vicino a sto coso cosa è sto coso scritto in cinese boh sarà di ieri sera, cellualare spegnamolo che se mi serve dopo niente male sta casa peccato che non la tritroverei più nemmeno se pregJOHN TRAVOLTA SI! sembra john travolta. ciao john travolta. dorme di bestia. chissà se gli ho lasciato il mio nome uff che capelli meglio legarli, mascara mascare non c’è ovvio dai no c’è bravo mascara. chissà cosa farebbe un uomo adesso, forse non avrebbe nemmeno guardato lo specchio tac. chiudi metti guarda ok vai bella casa tutta ikea, strano a shangai.

a posto, che sonno cazzo cazzo. va bene. grazie john travolta, è stato bello conoscerti forse o forse no bè dai è una bella giornata in una bella shangai no in fondo dai è sempre una bella giornata se la inizi con john travolta

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Sensei

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Ho la schiena appoggiata a un abete, sono alla biblioteca, sono venuto a fare una passeggiata prima di fare la spesa. Ma mi sono fermato subito, c’è della gente, 4 persone, che fanno Tai chi. Mi sono seduto qui a guardarli e in pochi minuti ho capito alcune cose molto importanti.

Quando si usa la parola ‘energia’ in maniera non scientifica, come sai a me si accendono molti campanelli nella testa. Limiti razionali, limiti che mi servono molto e mi hanno dato molte cose buone, e che in questo caso si accendono per parole usate a sproposito.

Pensavo fossero a sproposito, ma mentre lo guardavo e mentre alzo gli occhi a guardarli ora mi trovo a pensare a una parola, a sproposito e non per trasgressione, la parola è

risonanza

La hai usata a volte, e mi si accendevano i campanelli, ora invece la uso io; è un termine scientifico e qui di scientifico nn c’è nulla, eppure si, la ho usata e ho un po’ sorriso. Sono in risonanza con quei 4 e molte cose qui intorno 🙂

Pensavo di essere arrivato a conclusioni sensate negli ambiti spirituali, ma un discorso che mi ha fatto Paola alla cena mi ha scavato e forse ora mi ha perforato: i chakra, diceva e dicevi anice tu, non è che vadano capiti con libroni, dovrei piuttosto iniziare a vivermeli.

Vedevo e credo di vedere ancora l’etica come una questione razionale, ma non è solo così. La spiritualità, quell’energia (parola a sproposito 😉 c’è eccome, e se non la si considera c’è lo stesso – chi la vede così ha tutto di guadagnato.

O la sensazione che stia iniziando un percorso qui, e per ora non so che altro aggiungere, se non che ti mando un bell’abbraccio. Grazie di tutto finora 🙂

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Banale

Vuoi farti le foto dall’alto per la profile pic? Falla. Falla, davvero. Fai le foto macro ai fiori, mettiti a scrivere con le k al posto delle c, metti l’esposizione a manetta mentre scatti la foto, così si vedranno solo gli occhi e sarai per forza carina.

Di che sei piacevolmente controverso, che ami tutti e lasci vivere tutti ma che ci sono certe persone che no nvanno bene, inventa eccezioni a regole. Vesti in maniera provocante, in un modo o nell’altro fingendo di esser unico. O ammetti anche di essere uniforme alla massa, per quello che vale. Ascoltale stesse ciose che ascoltano gli altri nel tuo gruppo, o viceversa cerca sempre delle cose che nessun altro ascolta almeno ti darai un tono.

O ancora, non ascoltare veramente niente o viceversa ascolta un po’ di tutto (un po’ di tutto = radio DJ) o sii musicista e ascolta sempre le stesse cose.

Scrivi poesie, o canzoni o entrambe le cose, datti un tono e fatti sentire, o rimani imprigionato nella tua timidezza, o non rendertene conto.

Togli la parola a chiunque non ti vada a genio. No, puoi anche cercare di rimanere in pace con tutti e potere andare in giro a testa alta. Magari davvero. O magari solo per finta, vivendo in un mondo dalle prospettive limitate in cui solo tu sei quella che ha capito tutto.

Ama tutti, senza distinzioni, davvero. O odia tutti. O collocati tra quelli che amano un po’ odiano un po’ e un po’ di altri così così. O vivi ancora nell’irrealtà di un mondo in cui tu hai ragione e gli altri hanno torto. Se no fai pure il contrario e cerca di mediare, cerca di capirti e autocriticarti.

Tanto qualcuno che deve dire che così non va bene lo troverai comunque.