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Non so cosa dire

scaletta trieste (1)

22 agosto: “non so cosa dire”

L’innamorato perpetuo
scrive la sua ultima lettera alla luna
dall’orizzonte degli eventi
fa l’elogio del peccato e del peccatore.

Scappare, scappare. Finirà questa cosa? A un certo punto si smette di scappare, ci si volta e si guarda quello da cui si sta scappando. Non che non ci abbia mai provato, tutt’altro: a volte il ragazzo realizza che a girarsi vedrebbe solo il mondo che ha sempre visto, e non un mostro di fumo nero che ti legge nella mente per determinare se sei buono o cattivo.

Ma corre il ragazzo, scappa per viali e librerie – evita sguardi e ne confonde altri, scappa dall’amore rifiutando quello che gibran ha sempre detto, di lasciarsi trafiggere dalla spada dell’amore anche se fa male.

Lui scappa. Il dolore, sebbene sia un processo naturale, spaventa e viene evitato dal ragazzo. Si volterà a guardarlo in faccia?

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Il momento peggiore

Il momento peggiore? Probabilmente quando sono entrato a casa e mi sono accorto che non era più casa mia, quando ho realizzato che niente era più come prima, nessuna raeltà di base.

Lì ho pianto come se avessi avuto 8 anni, ho abbracciato il cuscino. Il cuscino sa essere un abracciatore di ottimo livello. Silenzioso, non pretende, non commenta, ha il difetto di non accarezzare. Ma è molto morbido.

Non avrei mai pensato che i muri di casa valessero così tanto in piena svalutazione immobiliare. Entri e ti accorgi che li vedi come erano prima, e ti accorgi che non li avevi mai visti così però. Forse ti annoiavano prima, o erano caldi e accondiscendenti. No, non hanno più quel sapore; ne hanno un più sbiadito e terribilmente simile a prima. Non so se loro mi avevano mai sentito piangere così, ma c’è sempre una prima volta. Tante prime volte.

Mi manca tutto.